Definire un tipo di comportamento e le sue conseguenze è un atto che va oltre la capacità del singolo di sezionare la realtà. Diciamo che, come approccio, è possibile portare la lettura a un grado di difficoltà inferiore. Due nozioni di psicologia sociale e di antropologia direzionano il tutto a una descrizione chiaramente personale del perimetro di gioco. Dovrò prenderla, ahimè, molto alla larga (cit) e con molti esempi.
C’è stato un periodo in cui tutte volevano fare le veline. Sposate a calciatori, potenziali madri di figli annichiliti dal vizio e co-proprietarie di case gigantesche in giro per il mondo. Milano era l’epicentro di questo paradiso in terra, sculettante di un’opulenza con inganni e insidie ad ogni angolo. Le persone che venivano dalla periferia, da cittadine “in provincia di”, avevano così voglia di riscatto che qualsiasi via era maestra. Treni intercity lasciavano stazioni piene di desideri e di pensieri che non andavano al contrario, ma verso mete ben precise soffocando identità con date di scadenza giornaliere. Successo, fama, soldi, realizzazione. Ognuno aveva la sua fermata da prenotare. Prima di Milano, Londra fu la Gloriosa e Accogliente. Sgomitante di lavapiatti che volevano diventare chef stellati una spugna non gettata dopo l’altra. Altri campioni, più attuali, si sprecano in un dimenticatoio facilmente scoperchiabile. Makeup artist presso Kiko, cantanti della domenica a XFactor, estetiste Nail artist e via a seguire verso il precipizio. Un delirio linguistico totale figlio dei mai dimentichi Maître Chocolatier della pubblicità della Lindt.
Il fulcro di questa anamnesi è la voglia di vincere la mediocrità da parte di un individuo per spostare le proprie abilità verso una grande città che possa accoglierne estro e caratteristiche “uniche”. Tutto perfettamente comprensibile. In una visione verticale e non orizzontale della mappa, si parla di migrazione. Enormi quantità di persone che si spostano. Che si stabilizzano. Che mangiano. Che si muovono. Che inquinano. Il tutto chiama una sola parola: prossimità. Qui c’è un plot twist, ne convengo. Perché a me pare ovvio arrivare ad una consequenzialità attuale per la quale è dato certo che più si è vicini più si è “attaccabili”. Se il primo grande orrore furono gli attacchi terroristici, il secondo si è sviluppato in modo possente e inesorabile tramite delle strette di mano.
Deriva catastrofica? Assolutamente no.
Trump ha usato l’espressione «foreign virus».
All viruses are foreign by definition, but Mr President probabilmente non ha letto William Burroughs. Il confinamento dei corpi necessario all’arginamento del Covid-19 porterà un nuovo asset nell’economia dello spazio. Può la città non essere la scelta migliore dove costruire la propria esistenza? Nel 2012, quando le Nazioni Unite sottolinearono che entro il 2050 il 70% della popolazione umana del pianeta sarebbe vissuta in una grande città, l’economia globale non diede agio a nessun rallentamento verso la realizzazione di un futuro sempre più urbano.
Pochi anni dopo, però, il direttore di uno dei più rinomati studi di architettura al mondo, Rem Koolhaas, ha iniziato a studiare e demarcare una possibile strada parallela. Seppur famoso per edifici realizzati proprio in conglomerati ad alta densità, il lavoro fatto da Koolhaas per il Guggenheim Museum di New York riguarda l’esplorazione dell’abitare, produrre e progettare nelle campagne. Una mostra non di arte, ma una tesi priva di conclusione, ma ricca di argomentazioni, che si snoda nella spirale del museo solo per rimandare il visitatore al seme di un’idea non troppo rivoluzionaria come il titolo della mostra. Countryside, The Future.
La campagna viene esplorata come concetto storico nelle società antiche, così come attraverso i vari tentativi di costruire campagne pianificate nei paesi socialisti, attraverso nuovi metodi di produzione di cibo ed energia, di conservazione del territorio. Parliamo dell’ennesima deriva romantica dell’allontanamento dell’uomo dalla società? Può darsi. Sarà però un piacere sornione, anche da remoto, assaporare il profumo di concime culturale e di urgenza comunicativa spandersi nell’epicentro urbano più grande dell’Occidente. Meanwhile buona mascherina a tutti.
Foto by David Heald © Solomon R. Guggenheim foundation via designboom.com