Such A perfect day. Chissà Perrotin come sarà stato felice nell’avere di nuovo in canna, come ai clamorosi tempi che furono, il Maurizio nazionale. Boom boom! It’s Art Basel Miami Beach: palme al neon, tempo clamorosamente mite (quasi caldo) e una vagonata di gente con i soldi. Come ogni anno. Niente di nuovo sul fronte, ma noi dalla provincia dell’impero sentiamo la eco padana risuonare tra i perizomi di tutti i presenti. Magnati, curatori, artisti, giornalisti, opinionisti, art influencer, curiosi che hanno gli accrediti perché amici di quelli precedentemente citati e curiosi che hanno pagato il biglietto with their own money. Noi, poveri sommelier del meme posticcio, ci godiamo la brezza da lontano. O dallo schermo. Make Italian Art Great Again, so who you gonna call? Cattelan, of course. E gli sghei scintillano. Pensare che sto anche arrivando in ritardo sulla tabella di marcia, a scriverne. Mi hanno preceduto praticamente tutti, dalla copertina del New York Post a Jacquemus e Durex. Con dei meme, ovviamente. Probabilmente se mia madre avesse un blog (ahah) ne parlerebbe. Ma mia madre è nazi catto, quindi chissà cosa ne uscirebbe fuori. Comunque, incredibile no? Una intro così lunga, senza citare neanche il nome dell’opera. Che potenza ustionante. Vogliamo parlare del suo deperimento? What are we talking about? Siamo sinceri. In un mondo parallelo in cui, nella mia saccoccia, dovessero risuonare multipli di millionpetroldollars e acquistassi un Dan Flavin, uuuuuups non metterei in conto che il mio filippino Toni debba, prima o poi, sostituire un neon? Toooooniiiiiiiiiiiiiii, la luce!
2019. Stiamo atterrando sul pianeta Buonsenso.
Niente-nada-niente dada, una banana è una banana. Una sospensione di giudizio attaccata a un muro: come il cavallo del ‘97, come il suo De Carlo nel ‘99 e come la sua personale al Guggenheim nel 2011. Diciamo che il ragazzo è affezionato al tema. Ma, tra un abbandono delle scene sputato e rimangiato nell’arco di un water d’oro unisex, il Maurizio, milanesemente adottato da una non più piccola élite del design, ce l’ha fatta ancora.
Scivolati di nuovo su una banana mangiata da un brillante performance artist di passaggio e speriamo a fine carriera («Avevo fame» - amore, ma tieniti ben stretti questi 5€ di notorietà), siamo qui a riflettere di nuovo sulla portata tragicomica del nostro clown migliore. Lontano dalle logiche contro sistema quasi adolescenziali, dalla lotta alla società e dalla beffa populista ultra monetizzabile di Banksy, Cattelan è invece testimonianza del non c’è trucco e non c’è inganno. Perché è in ogni opera. In passato in senso fisico, poi via via con un’astrazione sempre più ampia, si è trasformato in una lente di ingrandimento sul mondo. Per vedere cosa? Una perenne comicità votata al dramma. È il nostro Jim Carrey artista che rende le nostre certezze scivolose. E quindi? Miei cari amici, ode ai fruttivendoli e al potassio, sperando che il frutto dell’amor rimanga bloccato a 1,20€/kg.
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