La sensazione è di trovarsi al centro del primo atto delle Nozze di Figaro, strattonati da comparse e comprimari, con esponenzialità da horror vacui.
Ogni cosa è un’informazione.
Oggetti veicolano dati, società vendono banche di dati, normative sulla privacy a piè sospinto anche da quelli che ti portano a casa delivery la piadina post sbornia, e, dulcis in fundo, il buon I’m the CEO, so f@©k yourself!
Come un cyborg a scusarsi di leggerezze nell’ambito, come una scolara senza la giustifica della madre per l’assenza del giorno prima.
But giving some meaning to the mean: i dati sono una manna.
Quando la materia vive, lunga vita alla materia!
Arriviamo, quindi, alla parte in cui sfruttiamo anche noi, piccoli soldati della comunicazione, questa meravigliosa arma a quintuplice taglio con un’elasticità muscolare a là Jane Fonda.
In primis. Data driven marketing. Ovvero i dati dei clienti come mezzo per capire al meglio esigenze e, di conseguenza, progettare una strategia ottimale per i clienti stessi. Un nuovo naming per un settore che esiste dall’alba del commercio (e del primo Mangiafuoco del giro). Il problema, dopo questa deliziosa definizione, è il lavoro che ne consegue.
Il rischio di presentare male i dati agli interlocutori che la ascolteranno è molto alto. Male, in questo caso, è un’accezione generica e molto ampia. Male significa: non comprensibile, non fluido, non connesso all’argomento a cui si riferisce, non graficato in modo corretto. Insomma male, male male, male male male.
Qui si inserisce il Data Storytelling. Il ‘nuovo’ tool, perfino qui il relativismo si spreca, usato anche da blogger del Quarto Tipo.
Semplice e pericoloso il nostro strumento, con una grande finalità insita nel suo essere. Costruire una storia per creare trasporto nel cliente, nel target e in qualsivoglia platea sia spettatrice. Costruire una storia attraverso i dati. Rendere visiva la storia con la grafica e/o l’illustrazione. Questo il metodo.
Una grande prova d’autore degli ultimi anni è stata la direzione creativa di Francesco Franchi per IL Magazine. Esempio lampante in cui il committente è un giornale e di come sia possibile coniugare schemi, mappe, grafici e rappresentazioni di dati e gusto grafico.
Ovvero spiegare l’ostico con linee, forme e colori. Unire la logica matematica all’estetica, un mix tra design e ingegneria, ibrido perfetto di estremi che dialogano in modo fluido.
Nessun didascalismo, nessuna autocelebrazione.
Il fine ultimo è veicolare l’informazione. Veicolare i dati. Su questo verte il grande potere di questo strumento. Usato in modo coerente al contesto, focalizzato su finalità ben precise, rende accessibile l’inaccessibile, domando il caos.