Come gestirlo nelle digital community
Vi capita spesso, scrollando tra i commenti di qualche post popolare su Instagram o Facebook, di imbattervi in commenti un po’ antipatici?
Non posso negare che a me succede spessissimo: lo ammetto, tendo a sbirciare i messaggi sotto un contenuto di tendenza. Perché lo faccio? Tante volte, per farmi un’idea di ciò che sta succedendo, può essere utile informarsi leggendo ciò che scrivono gli altri. Non per pigrizia, ma per intercettare punti di vista differenti, sentiment e semplicemente modi di esprimersi. Esatto, perché da questi è possibile osservare e analizzare un vasto spettro di comportamenti.
Avrete già capito che non vi parlerò di good vibes, bensì di utenti che sembrano avercela con il mondo intero. Ma restringiamo il campo di studio. Nell’internet sembra che (quasi) tutto l’hate speech sia rivolto alle donne.
Sì, perché le donne sembrerebbero (anzi, sono!) un bersaglio facile. I contenuti social, che parlano di una figura femminile più o meno nota in prima o in terza persona, raccolgono il maggior numero di commenti che rientrerebbero nella categoria, appunto, dell’hate speech. Per esempio, gli attacchi personali diretti alle influencer donne superano di un terzo quelli ricevuti dagli uomini: ci stiamo basando su uno studio prodotto da Amnesty, e andremo ad approfondire proprio questa fonte.
La nozione di hate speech
Approfondiamo un po’ questo cosiddetto linguaggio dell’odio. Insulti, violenza verbale, discriminazione, incitamento appunto all’odio sono solo alcune delle caratteristiche dell’hate speech. Vorrei ampliarne l’accezione includendo tutte una serie di locuzioni denigratorie sull’aspetto, sulla salute e, più in generale, sulla vita e le abitudini - anche sessuali - di una donna. Queste ultime sono a dire il vero le più infide, perché sembrano essere più blandamente proposte, spesso sotto forma di una domanda o supposizione, o sottile giudizio perbenista. I mittenti di questi messaggi? Non solo uomini, ma anche le stesse donne.
Un po’ di dati dal mondo social
L’odio e i commenti negativi sono spesso legati al genere, come spiega Amnesty, “degli attacchi personali diretti alle donne 1 su 3 è sessista (33%)... Le percentuali degli attacchi sessisti oscillano molto da influencer a influencer, superando il 50% in tre casi e arrivando fino al 71%. Significa che, per questa influencer, quasi 3 attacchi personali su 4 sono esplicitamente sessisti”. In generale, il target monitorato dalla fonte dimostra che gli attacchi offensivi alle donne hanno un’incidenza media oltre il 6%, mentre quello degli uomini si attesta al 4%: di nuovo, le donne sono a quanto pare il centro del problema. E siamo quasi arrivati al punto che noi stesse diamo quasi per scontato i commenti discriminatori e le offese.
La domanda sorge spontanea, cosa me ne faccio di questi dati? Sappiate che tante volte prendere coscienza di una cosa così alienante aiuta ad adoperarsi per far sì che questa cosa capiti sempre meno spesso. Faccio parte del team social di un’azienda di comunicazione e marketing e la gestione delle social community con migliaia di utenti è all’ordine del giorno. Ecco, nel mio piccolo, l’occasione per agire concretamente.
Comunicare responsabilmente, in & out
Come gestire le nostre social communities per far sì che il sessismo da tastiera (ma anche altri tipi di offese, verso chiunque) accada sempre meno spesso?
1. Rispondere al commento negativo. Senza aggressività ma con asserzione. Facendolo nel pieno rispetto della reputation e della vision della figura singola o anche del brand che gestiamo, difendendoli dagli attacchi e spiegando - con parole semplici - perché continueremo a farlo.
2. Segnalare gli utenti particolarmente insistenti (critiche e offese ripetute nonostante le richieste di smettere) alla piattaforma social. Eventuale ban è sempre contemplabile: non è un utente perso, ma tanti altri guadagnati.
3. Praticare la comunicazione sensibile non solo nelle risposte, ma anche nei contenuti che produciamo. Da noi, in ASB\COMUNICAZIONE, questo significa che ogni output è Socialmente Sensibile. In un mondo che spesso tende a strafare e fregarsene dei semplici principi del rispetto e dell’attenzione verso l’altro, per chi fa comunicazione è necessario ristabilire un equilibrio lessicale e valoriale della produzione comunicativa.
4. Emettere policy social chiare: sulle piattaforme, è possibile mettere le regole in chiaro in una delle parti più evidenti del canale per fermare il malintenzionato sin da subito. Ci sono molteplici formati a disposizione: potete creare un disclaimer in evidenza su una Pagina, un gruppo oppure nelle vostre Stories in evidenza.
Difendiamo, quindi, un tipo di comunicazione corretto e balanced, perché il mondo sia migliore. Partiamo dalle parole.
Fonte: Amnesty.it, Barometro dell’odio. Sessismo da tastiera. 2020 https://d21zrvtkxtd6ae.cloudfront.net/public/uploads/2020/03/15212126/Amnesty-Barometro-odio-aprile-2020.pdf