C’era una volta il Vinitaly.

C’era una volta il Vinitaly.

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Socio Dirigente

Sogno di tutto e di tutti, coacervo della lussuria (quella sana) italiana e mondiale, punto d’incontro nevralgico di eccellenze e stravaganze, fiera delle fiere, sapori, profumi, aromi del mondo intero tutti raccolti in pochi tristi e mal progettati edifici, resi armonici e romantici da schiere di allestitori indaffarati.


Ma facciamo un po’ di storia

Il Vinitaly - non come lo conosciamo noi, infatti si chiamava “Le giornate del Vino Italiano” - nasce nel 1967 in quel luogo meraviglioso e ben progettato anche se non con poche complessità (invito tutti a leggere la storia tribolata della sua costruzione durata quasi 2 secoli) del Palazzo della Gran Guardia.

È con il 1971 che la manifestazione inizia a diventare la fiera che conosciamo tutti nel nome e nella proposta, anche se sarà solo con il 1978 che prenderà il taglio internazionale che da sempre la caratterizza.

Da qui in poi è un susseguirsi di aperture di sottocategorie (brandy, olio, packaging…) e di successi internazionali (Stati Uniti, Canada, China…) che arriva come una marcia trionfale fino al 2020.


C’era una volta il Vinitaly.

80.000 mq di racconti straordinari, 4.000 espositori pieni di orgoglio e spirito di partecipazione, una “pigiatura” di produttori, importatori, distributori, ristoratori, tecnici, giornalisti, opinion leaders e chi più ne ha più ne metta, un circo meraviglioso in cui i leoni sono i vini barricati, gli equilibristi le DOCG, i mangiafuoco i vignaioli indipendenti.


Ha tutto un suo linguaggio tra l’altro, fatto di un mix di inglese, italiano e francese, rigorosamente tutti termini forbiti e tecnicissimi che danno valore e risalto ai singoli passaggi e alle lavorazioni, ai sapori, ai significati, alla grande ricerca che c’è dentro ogni bottiglia.

Ne cito alcuni tra quelli che trovo più affascinanti - e difficili da usare quando cerco di fare l’esperto di vini - con tanto di spiegazione sintetica (fonte Treccani)


Tannico: in enologia, detto del vino, solitamente quello rosso e giovane, che, alla sensazione gustativa, si presenta ricco di tannino.


Terroir: Nel linguaggio enogastronomico, termine indicante il rapporto che lega un prodotto (vino, caffè, ecc.) alle caratteristiche del microclima e del suolo in cui è coltivato.


Charmat: processo di spumantizzazione che consiste nella rifermentazione in grandi recipienti chiusi (anziché in singole bottiglie), con tale metodo si può ottimizzare la fermentazione (con l’ausilio del controllo della temperatura) nonché operare la centrifugazione e la chiarificazione del prodotto: viene correntemente adottato per la produzione di spumanti giovani, secchi, semisecchi o dolci, con aroma fragrante che ricorda le caratteristiche organolettiche delle uve da cui provengono.



Millesimato: Che porta, sull’etichetta o sul tappo, l’indicazione del millesimo, cioè dell’anno di produzione, riferito a prodotti alcolici, e soprattutto a vini (e s’intende in genere che il vino proviene da una vendemmia con caratteristiche particolari, e che ha avuto il prescritto invecchiamento)


Barrique: In enologia, botticella di legno di rovere di capacità compresa tra 225 e 228 litri, nella quale si conservano alcuni vini di alta qualità (detti quindi barricati), per arricchirne il sapore o l’aroma; in partic., le barriques cedono al vino note speziate, vanigliate, resinose, affumicate.


Ho provato a trovare termini in inglese, mi sono superimpegnato, ma davvero mi sono improvvisamente reso conto che no, d’inglese nel vino non c’è nulla. 

La tradizione linguistica è tutta nostra, francese e italiana, i cugini britannici ci aiutano con il loro vocabolario universale soltanto a riuscire a esportarla.


C’era una volta il Vinitaly.

Fiera Internazionale del Vino. Fatta in Italia per valorizzare il vino Italiano.

Ecco. 

Ha funzionato.

Oggi l’Italia è il maggiore produttore di vino al Mondo, con 50,4 milioni di ettolitri di vino nel 2018, un fatturato di 11 miliardi di euro e quasi il 20% dell’intero export mondiale.

Secondo “I numeri del Vino” la Pandemia ha segnato alcuni cambi nelle abitudini di consumo, in cima a tutte dopo tanti anni, il vino fermo cresce al pari dei vini spumanti, e il vino rosso tanto quanto il bianco.


C’era una volta il Vinitaly.

E, anche se nel 2020 e nel 2021 non c’è stato, ci sarà ancora.

Perché è l’Italia.

Quella vera, fatta di gente che lavora, di artigiani, coltivatori, imprenditori, piccole e medie imprese che lottano per innovare e fare ricerca.

Dalla tradizione all’innovazione, dal marketing al contenuto, dallo storytelling alla ricerca della perfezione inaspettata.


Ci vediamo il 10 aprile 2022, a Verona come sempre, nel frattempo, mi raccomando, degustate.

La vita è troppo breve per bere vini cattivi.