Ruggero Eugeni è professore ordinario (straordinario) di Semiotica dei media dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Brescia. Dirige il Master in Media relation e comunicazione di impresa e coordina il Corso di Laurea magistrale in Gestione di contenuti digitali (sede di Brescia) all’interno del quale insegno a contratto da qualche anno. Dal 2002 al 2016 ha diretto l’Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo.
Ho incontrato il Professor Eugeni nel 2006, tra la triennale e la magistrale, in aula durante il Master in Management Multimediale (Mediaset-IULM). Grazie a lui ho capito che Comunicazione multimediale non era una materia ma tutte le materie del mondo (sociologia, semiotica, psicologia, economia, informatica..) ed è con la sua saggezza che ha accompagnato me e Luca nella stesura del nostro primo libro poi pubblicato con Scholé nel 2020, “Estetica Virale. Lo spot pubblicitario nel capitalismo digitale”.
Tra le sue illuminanti pubblicazioni “La condizione postmediale” (La Scuola, 2015), dove argomenta come i mezzi di comunicazione nella loro materialità sembrano sostituiti dalle relazioni che il pubblico o gli utenti intrattengono con essi. Ci parla di post-medialità: non conta la materialità dei mezzi di comunicazione, come potevano contare quando è stata inventata la stampa o la televisione, ormai ciò che è considerevole è l’esperienza che i mezzi di comunicazione ti danno. Le piattaforme (come i social network) sono quindi media e anche qualcosa di diverso.
In “Capitale algoritmico” (Scholé, 2021) - concentrato di economia politica (intesa in senso ampio: economia della conoscenza, della creatività, della reputazione, del tempo..) dei dispositivi postmediali e delle immagini che essi producono - cerca una risposta mediante l’analisi di cinque dispositivi postmediali (più uno) a Cosa facciamo oggi con le immagini? E soprattutto, che cosa le immagini fanno con noi e di noi? Gli smart glasses, le camere a campo di luce, i visori notturni, la realtà aumentata, le reti neurali e la fotomicrografia elettronico-digitale sono oggetti/strumenti della produzione, estrazione e distribuzione delle risorse comuni.
Non sono dispositivi mediali come li intendiamo in genere noi comunicatori in quanto agiscono in settori che attraversano (e collegano) trasversalmente il mondo dei media: difesa e sicurezza, sorveglianza e ricerca medico scientifica, arte eccetera.. Il termine “postmediale” infatti sottolinea proprio l'impossibilità a tracciare una chiara dicotomia d’uso: vita sociale “ludica” rispetto a campi “pratici”. La nostra esperienza percettiva si nutre dell’utilizzo delle tecnologie digitali della visione tanto quanto le immagini-algoritmo della nostra presenza e delle nostre azioni.
Negli ultimi vent’anni le analisi dei media si sono concentrate sui “nuovi utilizzi dei dati per scopi commerciali (la microprofilazione dei consumatori), civili (la chiusura di servizi pubblici che non siano fortemente utilizzati) o politici (la sorveglianza, il riconoscimento biometrico etc.); i delicati problemi di privacy ad essi collegati; la secretazione delle procedure di calcolo che trattano i dati in vista di scelte socialmente rilevanti (dall’ottenere un mutuo a vedere rimossa o meno una fake news da un social); l’importanza determinante dell’utilizzo dei dati digitali nel prevalere di una economia finanziaria rispetto a una industriale, e dunque il loro ruolo chiave all’interno del capitalismo neoliberale globalizzato; la crescente influenza della comunicazione di rete sulle attività sociali e politiche, e i pericoli legati alle sue possibili manipolazioni (fake news, post-verità, e così via: l’assalto al Campidoglio americano del 6 gennaio 2021 ha costituito la plateale manifestazione di fenomeni comunque striscianti e onnipresenti); ma anche le nuove forme di lavoro precario e sottopagato o gratuito in rete o della gig economy; i problemi legati alla protezione dei diritti degli artisti e dei creativi, e così via.”
L’economia dell’informazione e dei dati è entrata a far parte del dibattito critico della nostra società fino alla teorizzazione del capitalismo digitale.
L’autore, in “Capitale Algoritmico”, esamina dispositivi digitali per la produzione di immagini (i dispositivi postmediali) perché sono parte del nostro mondo, lo caratterizzano attraverso meccanismi collettivi che riguardano tutti. Eco-logia rimanda sempre a eco-nomia e quindi a una dimensione politica. Le risorse intorno a noi sono insieme sempre più visuali (immagini), luminose (energia-luce) e informazionali (set di dati): da qui il titolo del saggio che propone un’analisi orientata tanto alla struttura interna di questi dispositivi postmediali quanto ai processi e alle pratiche del loro utilizzo.
L’ultimo capitolo, oltre ad essere in qualche modo riassuntivo, presenta il “più uno” del titolo: i microscopi elettronici nella lotta contro il Covid con i quali “nell’arco di un mese, dunque, è stata costruita una foto segnaletica del virus” inizialmente utile solo agli scienziati, poi grazie ad una tecnologia differente, più avanzata, oltre che più dettagliata per sino più mediale. “Le immagini del virus nella lotta al SARS-CoV-2 (..) sono strumenti operativi efficaci per convincere, coinvolgere, rassicurare, informare, comprendere, smuovere finanziamenti e così via.”
“Capitale algoritmico” è l'espressione perfetta per definire i tratti costitutivi della società post-mediale nonché titolo di un saggio imperdibile che trovate nelle migliori librerie (io l’ho trovato in Libreria Ferrata in centro a Brescia, resto in attesa della versione autografata dall’autore) piuttosto che sul sito dell’editore:
http://www.morcelliana.net/orso-blu/4153-capitale-algoritmico-9788828400769.html