La grande premessa che muove questo articolo è la sicurezza assoluta che il 2021 sia un anno politico. Soprattutto in Italia e, soprattutto, a Milano a ridosso del fine mandato di Sala.
Partendo da questi presupposti, il SuperSalone rappresenta e si definisce come leva derivativa di un sistema che ha la necessità di riaffermare la propria presenza, la propria capacità di muovere persone, brand, prodotti e profitti.
L’ancora verde e sempre pronto Boeri è la summa e il riflesso della fenice urbana lombarda che riemerge dalle proprie ceneri e dai propri errori. Milano Capitale e il Bosco Verticale, Milano del Design e il SuperSalone. Ma anche Milano del Non fermarsi mai e la debacle totale del progetto Primula. Boeri è come Milano, volente o nolente. Una figura con vizi e virtù agli estremi. O bello bellissimo, o brutto bruttissimo.
Il contenitore
Boeri è uno straordinario semplificatore, con la capacità di risolvere le necessità più stringenti di una società che ha più domande che altro. Non ha la forza dirompente dell’unicità, ma una profonda attenzione a ciò che è nuovo (o nuovissimo) alleggerendolo con una buona dose di tradizione. Un mix perfetto che va bene a tutti. Innovativo ma non troppo, accogliente ma non troppo. Chi meglio di lui, in un periodo di transizione come il 2021, poteva risolvere, cadendo in piedi, una sfida come un Salone rimandato? Per assurdo, l’allestimento del SuperSalone risulta il migliore allestimento del Salone stesso. Un po’ sostenibile, un po’ snob (ma solo quanto basta, senza essere stomachevolmente chiuso), un po’ scenico. Nudo, nel non voler essere altro che un passaggio semantico dal non essere all’essere un ponte, verso qualcosa di più definito che verrà.
Il contenuto
Meno focalizzati dell’archistar sono i brand che partecipano a questo iato collettivo.
C’è una mancanza di direzione quasi piacevole, perché palpabile e riconoscibile. Non è un discorso totalizzante, ma prende una percentuale cospicua del Super emerso. La maggior parte delle aziende ha risentito della (re)distribuzione soviet degli spazi, del soffocamento espressivo dato una limitatezza di superficie. Il limite può, per alcuni, essere uno spunto di sintesi. In questo caso è risultato un cappio fatale.
Primo atto
Partiamo con la prima deriva. Sostenibilità ha superato Resilienza come termine verso cui indirizzare odio senza dover dare motivazioni. Potete passare avanti senza nulla perdere, lasciandovi alle spalle delle belle piante prese ad hoc in un vivaio nelle 24h precedenti al Super.
Non perché sia il termine non sia da prendere in considerazione come vera e propria necessità, particolare e mondiale, ma perché si è visibilmente svuotato della sua valenza decisiva. Vive come un tassello senza senso, esattamente come il termine qb nelle ricette culinarie per determinare la giusta quantità di sale. Se ce n’è troppo poco, puoi abbondare (o approfondire, o certificare che sarebbe ancora meglio). Se ci sono troppe piante da appartamento, annusi che c’è un problema e puoi andare verso l’atto successivo.
Secondo atto
Lo stallo da coronavirus ha portato a una profonda crisi dettata da una mancanza di punti fermi. Dilaniante. La risposta è stata, per tutti, rifugiarsi verso qualcosa di sicuro. Di conosciuto. Di intimo. Un “ti ricordi quando … ?” reiterato e continuo. La frattura è siglata da un a.C. e un un p.C (ante Christum e post Christum nell’accezione comune) dove C, oggi, sta più per Coronavirus che per Christum. La comunicazione p.C. è malinconica e guarda al passato, inevitabilmente. L’anniversario è la leva più inflazionata per la release di libri, pamphlet, cronistorie che parlano di brevetti, designer, dei rampanti anni che furono e di fermoimmagini dal sapore reinverdito da fotografi d’eccezione. Se non si sa anticipare il proprio presente, si deve necessariamente guardare al proprio passato. Non, Je ne regrette rien.
Terzo atto
Fine pena mai, croce e delizia, la pratica della bellezza e dell’armonia ci attanaglia ancora una volta in geometrie instagrammabili. Non si scappa da questa pratica, proprio perché ormai assodata e quotidiana. È forse, anche qui, motivo di sviluppo di pratiche positive? In alcuni casi sì, in altri è copia stantia vista e rivista di post pastello al sapore di scroll violento. Vero è che lo sfondamento della seconda parete con la volontà di avvicinarsi, invadere, abbracciare lo spettatore è un atto eroico. Anche se maldestro in alcuni casi. Ma comunque eroico. C’è chi ne ha rivelato il lato eccelso, in alcuni casi. Tacchini insegna ed è giusto prendere appunti.
Guilty Pleasure
Vedere i russi farsi le foto sulle sedie di brand mai sentiti prima, super barocchi alla Federico Fashion Style. Ammirare l’allestimento di Moltheni & Co e la sublime magnificenza dei prodotti di Tubes Radiatori. Prendere la bag di Architonic come tutti gli anni. Fotografare i copy di altri copy. Lamentarsi della distanza tra parcheggio ed entrata effettiva del Salone. Pensare alle vite degli altri, nascoste dietro le mascherine.