Una sana competizione tra due big
Ad un certo punto della storia della pubblicità, siamo intorno al XX secolo, prende piede una tecnica di comunicazione che sicuramente tutti noi abbiamo ben presente: la pubblicità comparativa, ovvero quel tipo di promozione che confronta due prodotti, in modo più o meno esplicito, esaltando i pregi/benefici di uno rispetto all’altro. Lo scopo? Ovviamente screditare i competitor. Questo metodo non è altro che lo specchio di una società in cui IO sono meglio di te perché le MIE idee sono migliori delle tue.
Ma ha ancora senso comunicare così? La competizione con il coltello tra i denti porta davvero benefici al brand? Forse no. Ce lo insegnano le stesse grandi multinazionali che per prime si erano avvalse proprio della pubblicità comparativa.
Un invito solidale
30 ottobre 2020. In Europa siamo alle porte di un nuovo lockdown, dato il continuo diffondersi del Coronavirus. Tutti sappiamo quali conseguenze (economiche e non) porterà con sé. Burger King France (seguita poi anche dalle sedi inglesi e italiane) pubblica sul profilo Twitter una “lettera” il cui incipit è «Ordinate da McDonald’s». Lì, bello in risalto, ad attirare l’attenzione del lettore.
Ebbene sì, abbiamo visto bene: Burger King invita i consumatori a mangiare il panino del suo più grande rivale! E se ne vanno così anni e anni di studi in cui ci è stato insegnato che il marketing serve a far vendere i prodotti, serve ad attirare a sé i consumatori non spingendoli ad acquistare dai competitor…
Non è vero, lo scopo del marketing rimane sempre lo stesso, ma non è detto che per raggiungere l’obiettivo si debba per forza essere spietati. Il marketing può (e deve) unire creatività e solidarietà, può utilizzare toni gentili e ironici allo stesso tempo (anche in tempi di crisi).
Anche l’occhio vuole la sua parte
Poco dopo il post francese, anche la sede britannica di Burger King pubblica il suo invito, con una differenza: maggiore attenzione all’aspetto estetico. Pochi accorgimenti che hanno contribuito ad aumentare la shareability del messaggio. L’aggiunta del colore, il logo spostato in alto, l’affettuoso “take care” prima della firma, oltre chiaramente all’utilizzo dell’inglese (lingua comunemente più conosciuta rispetto al francese), hanno sicuramente giocato un ruolo importante a supporto del messaggio perchè, nonostante tutto, cari cugini photoshoppisti (❤️), la composizione è ancora importante!
Cosa ci guadagna Burger King?
Beh, un ritorno d’immagine più che positivo!
Si è rivelato capace di cavalcare l’onda delle notizie mostrandosi comunque un brand solidale, ha sposato una comunicazione gentile senza rinunciare all’ironia («un Whopper è sempre la cosa migliore, ma anche ordinare un Big Mac non è così male»), ma soprattutto senza rinunciare all’effetto sorpresa del messaggio fuori dagli schemi canonici del marketing. È la dimostrazione che non è necessario sparare a zero sugli altri per far emergere il proprio brand/prodotto. Nel post vengono citati tutti i loro più grandi competitor, eppure questo messaggio fa ugualmente consolidare i valori associati al brand Burger King nella mente di noi consumatori e, se noi consumatori ci identifichiamo nei valori di quel brand, andremo comunque a mangiare l’hamburger da Burger King nonostante ci venga apertamente detto di ordinare da McDonald’s!