Ogni mattina un responsabile marketing si sveglia e sa che dovrà trovare un nuovo modo, sempre più efficace, di portare persone verso il proprio brand.
Una strategia che sta guadagnando particolare popolarità nell’ultimo periodo è quella della gamification. Di primo acchito il termine potrebbe far pensare a qualcosa di semplicistico, o di poco adatto ad un pubblico adulto; qualcosa insomma più per ragazzini che altro.
Gli obiettivi sono invece molto diversi tra loro, e complessi: dal raggiungimento di un maggior coinvolgimento delle persone alla fidelizzazione dei clienti, da un miglior monitoraggio delle performance interne alla risoluzione di problemi con i partner.
Nonostante, come si possa facilmente intuire dal termine, si tratti di attività che modificano la comunicazione di un messaggio, di un prodotto, ludicizzandolo, gamification in realtà non significa realizzare un videogame aziendale, o inserire banner pubblicitari in Candy Crush.
E’ molto di più, e molto più sottile.
Stimolando l’utente con attività legate al game design in un contesto esterno però al gioco, egli diventa un utente attivo, maggiormente motivato. Il sopraggiunto inaspettato coinvolgimento emotivo durante la navigazione e l’uso del prodotto gamificato lo porta a non comportarsi più come farebbe il suo alter ego passivo, che subisce le informazioni che lo investono e magari le ignora anche, ma si ritrova protagonista - e in un modo più divertente - di attività che normalmente potrebbero non esserlo. Wikipedia infatti recita: “pagamento di tasse, prevenzione sanitaria, manutenzione”. In effetti tutte attività ben poco divertenti e accattivanti, per le quali normalmente non si impazzisce di gioia.
Un esempio pratico e molto semplice è quanto le case automobilistiche stiano realizzando mediante l’app di monitoraggio del veicolo: collegando lo smartphone alla propria vettura è possibile monitorare i consumi ad esempio, condividere l’informazione sui social, scalare la classifica nazionale, confrontarsi con il partner.
Tutto ciò non è appunto un videogame, ma un modo divertente per scambiare informazioni che altrimenti, in altri contesti, non sarebbero nemmeno mai venute a galla.
Avviene inoltre un ulteriore importante passaggio: il brand, cavalcando in questo caso specifico l’onda dell’eco-sostenibilità, ottiene dati, dati molto importanti, dati a cui fino al giorno prima avrebbe potuto accedere con enorme difficoltà e scarsa consistenza.
Sfruttando il coinvolgimento ludico e di fatto utilizzando l’utente finale come ponte, come veicolo per garantirsi l’accesso a queste informazioni: da un lato mediante un modello di reward l’utente finale viene premiato o ricompensato, dall’altro il nostro responsabile marketing è finalmente venuto in possesso di quelle informazioni a cui era profondamente interessato.