Ho cominciato a fare impresa nel 2012 ed erano gli anni in cui il piccolo era il nuovo grande. Godin diceva “Small is the new big”.
Il mondo si affacciava a Internet e, di conseguenza, Internet si affacciava al mondo.
E lo cambiava. A una velocità fino ad allora impensabile.Improvvisamente l’utente veniva catapultato al centro della scena, da spettatore ad attore. Protagonista finalmente di una modalità di comunicazione a due vie. Proprio come nella vita reale.
Dopo un biennio con una fortissima spinta verso l’online, la reputazione, l’orientamento poliglotto, la grossa sfida della mia azienda è stata quella andare oltre gli opposti: media tradizionali vs new media alla ricerca di un’armonizzazione sinergica. Il nostro mantra è stato “Learning by doing”. Ci siamo messi in gioco.
In questo cambio di approccio abbiamo affrontato anche dei fallimenti, eppure ci siamo sentiti più forti, più competenti. Osando siamo cresciuti, non solo tecnologicamente. Una consapevolezza, però, è stata sempre stata chiara e unica. Il comun denominatore di questi progetti. Non sarebbero esistiti senza l’avvento del digitale, non tanto tecnologicamente parlando, ma perché non li avremmo sviluppati se non con soluzioni organizzative che si allontanavano dal modello tradizionale.
E, sia chiaro, la trasformazione può vivere nel digitale, ma è sempre e solamente, come base di partenza, umana. Il talento emerge e si rivela solo in questo contesto, in cui il modello di relazione fa crescere nuove competenze.
Ed è interessante come persone e tecnologie siano in costante rapporto di co-evoluzione, implementando e aggiungendo in divenire skills sempre più specifiche.
Il passo successivo, nel 2017, è stato utilizzare la nostra consapevolezza per metterci in discussione. Più vero è che la rete di saperi si attiva attraverso le persone che la detengono, che si confrontano per trovare una soluzione sostenibile e definire un modello di azione. Quindi: dialogo e condivisione.
L’apprendimento, la sperimentazione avvengono in modo interfunzionale e aperto verso il mondo esterno - richiedendo alla persona un ruolo sempre più proattivo. Il fine è stato quello di permettere che le diverse anime aziendali continuassero a scambiarsi informazioni, idee, dubbi. Il metodo e il modo più efficace per condividere conoscenze, stimolare soluzioni innovative, generare insight.
2018. Abbiamo individuato tre bisogni universali come leva per lo sviluppo interno: autonomia, connessione e competenza. Ciascuno vuole sentirsi attore e sperimentare un senso di scelta e di libertà sul lavoro. Al contempo efficace e connesso agli altri, come membro di un gruppo.
L’idea è di rendere attraverso questi principi un nuovo modo di rispondere alle esigenze dei nostri clienti. Questo è il nostro progetto di R&D.
È una sorta di antropologia digitale, declinata, in modo sartoriale, su di noi. Un’impresa eccellente non può permettersi di usare male il suo capitale umano come non può non interrogarsi su come integrare il digitale nella sua organizzazione. Il digitale è una game changer. Il centro vero della digital trasformation è, ancora una volta, sempre e solamente l’uomo. Se siamo lo specchio di ciò che creiamo, il nostro fine ultimo è essere dei professionisti digitali di desideri reali.