2020, anno fortunato o Apocalisse?

2020, anno fortunato o Apocalisse?

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Finalmente il 2020!

Eravamo tutti in attesa, ammettiamolo. Venti-venti: hype incredibile per un anno pari, cifra tonda, bello da vedere, molto social. Vengono programmate pure le Olimpiadi, quindi touchè 2020. 

Eppure.  

Che questo anno non sia partito nel migliore dei modi è sotto gli occhi di tutti.

I primi due mesi sono stati un susseguirsi di eventi al limite di una sceneggiatura da film catastrofico. Visualizzarsi già a fine anno con uno champagnino in mano per brindare (niente Maracaibo per me, grazie) e pregare per un 2021 meno impegnativo è stato un sogno lucido quasi logico.  

Dicevamo. Si aprono le danze del nuovo anno e ualà. Nel prime time i telegiornali ci servono una dura e neanche così lontana realtà virata arancio/rosso fuoco: l’Australia brucia

I roghi negli stati di Victoria e Nuovo Galles del Sud, iniziati nell’estate 2019, toccano il picco di criticità proprio nel gennaio del 2020. Ventotto i morti, diciassette i milioni di ettari bruciati ed un miliardo di animali senza vita. Prima domanda 2020: com’è possibile non riuscire a controllare il fuoco? Qual è la pena consequenziale per i centoottantatre responsabili consegnati alla giustizia? Potranno mai pagare a sufficienza per ciò che hanno causato? Le domande rimangono sospese nell’aria rarefatta.

Proseguiamo.

Sempre gennaio. Un mese che sembra durare anni. Si inaugura il botta e risposta tra USA ed Iran, dove si sfiora una guerra mondiale. I meccanismi sono complessi e le verità dichiarate lontane dalle quelle reali, ma serpeggia un clima irreale. Soffocante. Diventa trend topic la #WWIII, con annesse ansie e paure dilaganti. 

26 gennaio. Lungo e interminabile gennaio. Domenica pomeriggio. 

Mi avvio verso il campo da calcio per giocare la mia abituale partita di campionato. È una giornata tersa e senza nuvole. Inizia a circolare una voce sulla morte di Kobe Bryant, uno dei più importanti giocatori di basket di sempre. Tra shock e incredulità, 

penso alle solite odiose fake news finché, in un continuo rincorrersi di comunicati stampa, la notizia viene esposta su giornali online autorevoli.

Kobe, a bordo del suo elicottero privato, insieme alla figlia ed altre sette persone, si è schiantato sulla collina di Calabasas, nella periferia di Los Angeles. 

Causa: la nebbia. La nebbia. Un fattore che associ, che so, alla Pianura Padana ma non di certo alla Città degli Angeli. Seconda domanda del 2020: la nebbia? Ma come?? E i radar, la tecnologia, la strumentazione di un mezzo da qualche milione di dollari non riesce ad evitare una collina? Nessuno si capacita dell’accaduto. Figurarsi io.

Solo chi conosce la storia di questo atleta può capire la portata della sua scomparsa. Non mi riferisco al valore della sua carriera, al suo suo immenso Palmares, ma alla valenza dell’uomo Bryant. Cito Moravia: “Voi non lo sapete, ma quando muore un poeta è un dramma per tutti”. Kobe Bryant è stato un Poeta per tutto lo sport mondiale, un uomo che ha ispirato milioni di persone. Ho pianto quella settimana, come un bambino. Rest in peace Mamba e un abbraccio sentito a chi rimane e vivrà la sua assenza per sempre.  

Febbraio. Finalmente gennaio finisce. 

L’ONU lancia l’allarme per la più grande invasione di locuste nel corno d’Africa degli ultimi cento anni. Nubi di locuste oscurano i cieli, portando il pensiero alla famosa piaga d’Egitto. Che Egitto più non solo è, dato che si muovono a ritmo forsennato verso il Medio Oriente e il continente asiatico in generale. Un buon inizio di mese.

Flash news dal TG. Il COVID-19, meglio noto come Coronavirus, invade la nostra quotidianità. Terza domanda del 2020: che cosa sta succedendo, di grazia?

Succede il caos. La più grande paura di massa che ricordi in vita mia. Mai capitata un’esperienza simile. Non è più importante puntare il dito, pensare a come si sarebbe potuta prevenire questa deriva o altro. Preme, a me e immagino a molti altri, mandare solo un messaggio di conforto alle persone colpite e alle famiglie impossibilitate a vivere una vita normale.

Sono giorni duri per il sottoscritto di origine lodigiana e, anche vivendo stabilmente in provincia di Brescia da qualche anno, il mio pensiero è vicino a tutte le persone che stanno vivendo nell’incertezza e nella paura del virus. Dal tenore di questo articolo non trasparirà, ma sono un inguaribile ottimista. Credo nella capacità dell’essere umano di risollevarsi anche quando è in ginocchio, in difficoltà. La nostra sfida più grande è quella di abbandonare l’individualismo e condividere un fine, usando la nostra forza (mentale e fisica) per affrontare tutti gli ostacoli del nostro vivere. 

Quindi. Cosa ci dobbiamo aspettare nei prossimi dieci mesi?

Il 2020 è ancora lunghissimo. Diamoci, quindi, la possibilità di credere in un plot twist.

A livello lavorativo sarà meraviglioso, ricco di progetti e soddisfazioni, per noi e per i nostri clienti. Ci aspettano fiere di settore importantissime. Rischedulate, è vero, ma già in calendario. A luglio ci saranno le Olimpiadi di Tokyo, a Dubai ci sarà l’Expo 2020 e a novembre sarà il turno di scoprire chi sarà il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America. Gli Europei di Calcio? Saranno il primo evento calcistico itinerante della storia, che coinvolgerà tutti i principali Paesi Europei. 

Dopo un mondiale da spettatori, saremo in milioni a guardare la nostra Nazionale ansiosi di vittoria. Sarà l’anno buono? “Stringiamoci forte e vogliamoci tanto bene” gridava Caressa. Toccatina scaramantica, che non guasta mai.

Facciamo così: un fioretto e una preghiera a testa, affinché tutto torni alla normalità, per far sì che il 2020 possa essere un anno fortunato prolifico e bello per tutti.

Dopo tutte queste catastrofi, però, devo essere sincero. C’è stato un meraviglioso “dettaglio” che “ha ribaltato il risultato” (come direbbe il buon Alessandro Borghese). Ultimo ma non ultimo. Il primo in classifica dei doni. Il 2020 mi ha regalato un figlio, come potrebbe non essere un anno speciale?

I want to believe.

L’Apocalisse può attendere.